6 maggio 1976. Una data che rimarrà nello storia della nostra regione. Una scossa di magnitudo 6.4 Richter sconvolse un’area di circa 5.700 kmq con 137 comuni interessati, di cui 45 classificati come disastrati, 40 gravemente danneggiati e 52 danneggiati. Le vittime sfiorarono le 1.000 unità. Oltre alla drammatica perdita in vite umane, le conseguenze del terremoto furono devastanti anche per il patrimonio edilizio e l’economia. Fin qui i numeri.
La storia ci dice anche che questa Regione si rialzò dal terremoto con una ricostruzione che ancora viene citata ad esempio in Italia, un vero e proprio “Modello Friuli”. Caposaldo del modello virtuoso fu sicuramente l’intuizione del governo nazionale di allora della nomina di del Commissario Straordinario Giuseppe Zamberletti, che si rivelò figura chiave non solo nella gestione dell’emergenza ma anche per il ruolo di coordinamento tra le autorità locali e centrali.
Zamberletti ebbe il grande merito di comprendere il ruolo fondamentale dei sindaci nella fase della ricostruzione, un concetto rivoluzionario per i tempi, e attraverso i sindaci, assicurare il coinvolgimento delle popolazioni.
Due slogan rendono più efficacemente di tante analisi quelle che furono rispettivamente le linee guida che ispirarono la ricostruzione ed il sentimento di gratitudine che le nostre popolazioni ebbero nei confronti di quanti, dall’Italia e dal mondo, con uno slancio di generosità di proporzioni gigantesche, in quei terribili giorni, ma non solo, ci offrirono il loro fondamentale aiuto.
“Prima le fabbriche, poi le case ed infine le chiese”, dettò le priorità cui la ricostruzione doveva avvenire. Non un pensiero blasfemo, tutt’altro, tanto che la chiesa lo condivise. Ma l’intuizione che il veloce riavvio delle attività produttive, lì dove sorgevano, avrebbe scongiurato lo spopolamento dei nostri paesi e favorito la tenuta del tessuto sociale, garantendo le successive fasi di tale processo, le case quindi, ed infine “le chiese”, intendendo, con esse, i monumenti ed il patrimonio culturale di questa regione.
“Il Friuli ringrazia e non dimentica”. Dopo il terremoto ci fu, nei confronti delle zone colpite, una solidarietà di proporzioni mai viste. Favorita anche dalla presenza di numerose caserme nei territorio regionale, i soccorsi furono tempestivi e gli aiuti arrivarono da ogni parte del mondo anche grazie all’attività dei friulani nel mondo e dei fogolars furlans. Quel “non dimentica” rispecchia fedelmente la naturale generosità e riconoscenza delle nostre popolazioni, che si manifesta spontaneamente ogniqualvolta sia richiesto l’aiuto della collettività in favore di zone colpite da catastrofi naturali.
Il “Modello Friuli” rimane tutt’ora un esempio virtuoso di solidarietà, collaborazione tra autorità locali, cittadini e governo centrale, che ha consentito alla nostra Regione di superare la catastrofe del terremoto e trasformarla in una grande opportunità di cresciuta e rinascita.
Il nostro Comune nel 1976, nei giorni del terremoto. Sindaco era l’allora trentenne Lorenzo Cozianin, il più giovane della ricostruzione. Di quegli anni le scelte lungimiranti, ancorché fortemente contrastate, di accentrare le scuole e che ci consentono, ora, di coprire il ciclo scolastico fino alla scuola secondaria di primo grado. Ma anche della realizzazione del “Centro anziani”, per togliere dall’isolamento e dal degrado persone anziane sole rimaste senza un’abitazione.